VADEMECUM / Il ballo
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Il tango, si sa, viene definito un ballo sensuale.
Chi di voi già balla saprà come intendere quest' idea.
A mio modo di vedere, il tango può certamente essere un ballo sensuale; così come può anche non esserlo.
Emancipandoci dagli stereotipi del "sentito dire", provando sulla nostra pelle cosa significhi entrare in relazione con qualcun altro in quel modo, saremo ben in grado di affermare che non basta abbracciare una persona e accompagnarcisi per qualche giro di sala per entrare nella sfera della sensualità; se a qualcuno capita sempre o ha un grosso problema o un' enorme fortuna.
Ammettendo il caso che non succeda sempre di vivere il delirio dei sensi, ballando, dovremo ammettere che il tango può essere anche altro.
Faccio questa premessa nella speranza che non si creino equivoci se anche mi tocca ricorrere alla citazione delle dinamiche di corteggiamento come l' immagine più pertinente per descrivere quelle di approccio all' invito.
Piombare, per strada, su una ragazza che nulla sa di noi, mentre è sovrappensiero, tenendosi sottovento e col sole alle spalle, per chiederle a bruciapelo: "Vuoi uscire con me?" presuppone, oltre alla speranza delle buone condizioni delle coronarie della sventurata, un istinto masochistico ai limiti dell' autolesionismo o la consapevolezza d' essere d' una bellezza mitologica e di una fama televisiva.
Da che mondo è mondo, da che ci sono vie del Corso e chiese, ci si piazza da una parte a guardare l' altra, cercando di incontrare lo sguardo che ci dirà: "fatti pure avanti". Nessuna garanzia di essere assunti a tempo indeterminato, ma, quanto meno, la certificazione ottica di essere in possesso dei requisiti di accesso al concorso.
Il primo invito, anche nel ballo, dovrebbe consistere nella ricerca di un contatto visivo; la prima forma di complicità sarebbe bene che avvenisse nell' incontro degli occhi, prima che delle braccia.
E' l' uomo che conduce il ballo, ma... anche alla donna capita di guidare (parlo di un altro tipo di conduzione... il parallelo è con ' automobilismo, con la guida della macchina); seduta al tavolo (diciamo... il semaforo rosso) sa perfettamente che le basta rivolgere la testa nella nostra direzione -lavavetri che non siamo altro- per farci capire che, si, anche se il parabrezza è pulito e ha appena cominciato a piovere... una pulitina la può consentire; che, se anche non è ancora raffreddata... un pacchetto di fazzoletti potrebbe sempre farle comodo, in futuro; che del Corriere dello sport non le potrebbe fregare di meno, ma... e vabbé, una copia... per i canarini...
A Buenos Aires viene detta "la mirada", il primo passo verso l' invito. A Roma, ai miei tempi, si diceva "cioccare"... il senso è sempre quello: se guardo una donna, con intenzione e quella donna risponde al mio sguardo, sostenendolo, posso considerarmi autorizzato a rivolgerle un invito esplicito che, a quel punto può essere un semplice cenno del capo (cabeceo) o una di quelle formule verbali inutili a cui però è tanto difficile trovare un' alternativa ("balli?", "ti va di ballare"?).
Se la donna non va in giro per milonghe a demolire autostime per procacciare clienti ad analisti senza scrupoli, a quel punto accetterà.
Già che il rifiuto è sempre un' esperienza traumatica, preparando il mio invito mi sarò garantito di non vederlo rifiutato; il prezzo? Uno sguardo.
Può valerne la pena...
Ciò detto, visto che il ballo dovrebbe rappresentare un momento di gioia e non l' espiazione dei propri eventuali peccati attraverso il volontariato e l' assistenza sociale, le donne si sentano pure autorizzate a rifiutare gli inviti che non dovessero gradire. Non certo quelli che loro stesse hanno incoraggiato, rispondendo alla "mirada" ma tutti gli altri; quelli dei parà che piombano sul tavolo dal nulla, le afferrano, muti, per un polso e le trascinano in pista di peso, quelli degli ispettori di Polizia che irrompono in conversazioni già avviate, si prendono, senza mandato, la precedenza dell' attenzione e, all' occorrenza, mettono su un interrogatorio intorno motivi dell' eventuale primo diniego.
Quelli dei tennisti che ribattono ogni palla al di là della rete
-Balli?
-Veramente sono un po' stanca
-Aspetto che ti riprenda
-Mi sono appena accesa una sigaretta
-Aspetto che finisca
-Mi fanno male i piedi
-Ho del bicarbonato; se trovo una bacinella...
-Mi si è rotto il tacco
-Te lo riparo
...
Un tango ballato controvoglia, non fa bene a nessuno dei due ballerini.
Quanto al tema della reciprocità della possibilità di invitare al ballo...
E' l' uomo che invita e non viceversa e può anche darsi che l' abito, superficiale, di questa consuetudine sia tagliato sulla misura del machismo latino che, tradizionalmente, mal sopporta l' iniziativa femminile.
Ma... un' ipotesi di prova, del fatto che il machismo non c' entri molto con la storia dell' invito, appannaggio del solo sesso maschile, sta nel fatto che, dai... essere invitati è molto gratificante! Rifiutare, accettare... sono prerogative di chi ha potere.
Secondo me, il macho non disdegnerebbe affatto di rimanersene seduto al tavolo ad aspettare di selezionare, tra le ballerine che gli si andrebbero a proporre, quella che gli andasse più a genio.
C' è un fatto, però: che, nel ballo è la donna a seguire ed è l' uomo a condurre.
Se il ballo è un linguaggio (e il ballo è un linguaggio), mi pare difficilmente contestabile la considerazione che, ad ascoltare e a leggere, ci si possa disporre anche controvoglia, essendo stanchi, mentre per inventare, raccontare, interessare e coinvolgere, sarebbe bene avere qualcosa da dire e l' energia per proporre le proprie idee.
Quando, alla fine di una giornata di lavoro si pensa alla televisione, ci si immagina "di qua", sul divano, con i piedi sul puff, mica "là dentro" a raccontare barzellette e a fare giochi di prestigio!
Un tango ballato controvoglia, non fa bene a nessuno dei due ballerini e, se un uomo dovesse trovarsi nella condizione di accettare di far ballare una donna solo per aver voluto mortificarla con un rifiuto -non avendo, in quel momento, risorse, dentro di sé da spendere per il suo e l' altrui divertimento- non farebbe un favore né a sé stesso, né alla sua compagna.
Ciò detto -e per chiudere- considerate che le considerazioni esposte in questa, come nelle altre pagine del Vademecum, sono, per certi versi, astratte.
Si, insomma... a Buenos Aires, fino a un po' di tempo fa, i codici di comportamento, in milonga, erano rispettati molto più di adesso e invece, oggi, anche laggiù -dove il tango è nato e si è sviluppato nei decenni e questa summa di regole si è raffinata fino a diventare la funzionalissima Costituzione della Repubblica tanghèra- l' attitudine è molto più "laica". Figuriamoci qua, lontano dalla patria.
Ne risulta, da una parte un maggior senso di rilassatezza (soprattutto nella percezione di chi frequenta i locali da meno tempo) dall' altra il degrado di un aspetto, meno appariscente di quello coreografico e stilistico, ma non meno identificativo di un mondo.
La milonga era (ed è) un microcosmo affascinante, anche perché, inavvertito a livello superficiale, opera un meccanismo in cui, non solo l' individuo non è più un singolo -trovandosi a ballare abbracciato a un' altra persona- ma anche la coppia è parte di un insieme armonioso, cosicché il senso di fusione, in altro che non siamo solo noi stessi, si estende a una dimensione ulteriore e collettiva.
Può darsi che ormai non sembri più né strano, né controproducente che una donna inviti un uomo, chiamandolo con un fischio, mentre lui sta mangiando la pizza e che lui si alzi e, ancora masticando, balli, andando fuori tempo, fischiettando e saltellando "contromano".
Può darsi che lui non termini neanche di ballare tutto il brano e molli la sua compagna in pista per rispondere, sbraitando, al cellulare che gli ha squillato in tasca. Può darsi che tutto questo finisca per risultare accettabile e addirittura più familiare, "caldo" e divertente di tutto quel cerimoniale di sguardi con cui si cerca di perforare le penombre dei locali, nonché delle infinite attese di quei ballerini a cui nessuna donna concede la propria compagnia e di quelle ballerine a cui nessun uomo rivolge un invito, io mi limito a raccontarvi la storia di quello che è stato; a voi fare le considerazioni che credete più opportune e a trarne le conseguenze che vi sembreranno migliori.